Terapie sistemiche

Terapia sistemica nella psoriasi

La psoriasi è una malattia a eziologia sconosciuta con un decorso imprevedibile, spesso cronico-recidivante.  Pertanto, il trattamento si impernia su presidi di tipo sintomatico, intesi a indurre la remissione temporanea delle lesioni o a renderle maggiormente accette al paziente.

La decisione di trattare per via sistemica un paziente affetto da psoriasi deve essere vagliata attentamente e può essere condizionata da molte variabili; è indubbio che un trattamento per via sistemica viene riservato a forme gravi o particolarmente estese.  Nell’opzione finale entrano in gioco altri fattori, quali la presenza di altre malattie, la possibilità di degenza in un reparto ospedaliero o di eseguire in maniera corretta una terapia topica, i costi del trattamento, la “compliance” del paziente e la sua professione.  Un altro fattore rilevante è rappresentato dall’esperienza del medico sull’armamentario terapeutico a sua disposizione: profilo farmacocinetico e farmacodinamico dei farmaci, possibili interazioni farmacologiche, dosaggi ottimali, rapporti rischio/beneficio e costo/beneficio.  Con l’uso di farmaci potenzialmente tossici è importante anche la massima collaborazione da parte del paziente, il quale andrà esaurientemente informato sui possibili rischi associati e sui risultati clinici attesi, sui tempi necessari per ottenere la risposta clinica e sulla durata del trattamento, in genere prolungato o ripetuto nel tempo. I principali agenti attivi nella psoriasi per via sistemica esercitano il loro effetto modulando alcuni processi patogenetici di cruciale importanza, rappresentati principalmente dall’esaltata proliferazione cheratinocitaria e/o dall’abnorme risposta T-linfocitaria.

Nella tabella I sono elencate le principali controindicazioni di questi farmaci, i parametri necessari per la selezione dei pazienti e il monitoraggio del trattamento.

Fotochemioterapia

Consiste nell’uso delle radiazioni ultraviolette (UVA) in associazione a psoraleni per via orale (PUVAterapia).  Sebbene l’efficacia di tale procedura sia ben riconosciuta, la più importante limitazione al suo uso protratto è rappresentata dal rischio carcinogenetico (1).  Per tale ragione, la PUVA-terapia, somministrabile secondo vari schemi di trattamento , non può essere impiegata a lungo termine né deve essere associata a farmaci immunosoppressori che possono accentuarne il potenziale cancerogeno.  L’associazione con retinoidi (REPUVA) può risultare vantaggiosa per incrementare l’effetto terapeutico della PUVA-terapia, per ridurre la dose cumulativa di radiazioni e proteggere dal rischio di insorgenza di neoplasie (1,3). Il trattamento con PUVA è costoso e disagevole per il paziente, che, per sottoporsi alle sedute, deve necessariamente raggiungere centri specializzati.

Ciciosporina A

La ciclosporina A (CsA) è un farmaco immunosoppressore introdotto nella pratica medica per il controllo del rigetto dei trapianti d’organo.  La sua utilità nel trattamento della psoriasi fu scoperta casualmente nel 1979 e da allora, in oltre 30 anni, si sono raccolte numerosissime testimonianze attestanti la sua efficacia in tutte le varianti cliniche della malattia.  Le indicazioni principali sono rappresentate da: psoriasi eritrodermica, psoriasi pustolosa generalizzata, artropatia psoriasica e psoriasi generalizzata persistente.  Risultano responsive anche la psoriasi pustolosa palmo-plantare, le forme localizzate al cuoio capelluto e le distrofie ungueali (4).

Al dosaggio di 3-5 mg/kg/die è un farmaco molto attivo e rapido nell’azione.  Alcuni autori preferiscono partire da dosi quotidiane di 2,5 mg/kg, aumentandole gradualmente, di 0,5 mg/kg/die ogni 2 settimane, in caso di mancata risposta (1).  Più elevato è il dosaggio, più rapida è la risposta clinica.  Comunque, è consigliabile non superare la dose di 5 mg/kg/die, al di sopra della quale aumenta notevolmente il rapporto rischio/beneficio.  Una volta ottenuta la remissione clinica, che al dosaggio medio di 4 mg/kg/die si osserva in media entro 2 mesi di terapia, si deve stabilire se sospendere il trattamento o passare a un dosaggio di mantenimento.  In quest’ultimo caso la dose viene ridotta progressivamente fino a raggiungere quella più bassa ancora dotata di efficacia, cercando di mantenere il grado della malattia entro livelli contenuti.  La CsA può essere utilizzata anche in modo intervallato, soprattutto in casi meno severi.  Si consigliano cicli di trattamento per un periodo non superiore ai 6 mesi, da ripetersi successivamente in caso di recidiva, utilizzando il dosaggio che in precedenza si è mostrato efficace e tollerato (5).

Gli effetti collaterali sono tempo- e dose-dipendenti(1,4). I più frequenti e conosciuti sono sicuramente quelli a carico del rene.  L’aumento della creatininemia e della kaliemia sono segni di danno renale (reversibile) e devono essere perciò controllati frequentemente.  Se la creatininemia supera del 30% i valori di base, la CsA andrà ridotta di 0,5-1 mg/kg/die finché i valori rientrano nella normalità, altrimenti il trattamento dovrà essere sospeso.  Una volta sospeso il farmaco, la nefropatia non è progressiva.  Alterazioni strutturali a livello renale sono state dimostrate dopo periodi di almeno 2 anni di trattamento continuo al dosaggio di 2,5-6 mg/kg/die e la loro severità correlava con la durata del trattamento (6).  Per tale ragione, si raccomanda di evitare cicli estremamente prolungati di terapia continuata o, in caso contrario, di controllare più assiduamente la funzione renale.  L’ipertensione arteriosa è un’altra condizione frequentemente causata dalla CsA.  Se la pressione diastolica presenta stabilmente valori uguali o superiori a 95 mmhg, è necessario ridurre il dosaggio; in caso di mancato rientro alla normalità, si può ricorrere a un trattamento antipertensivo, preferibilmente con nifedipina (1).  Anche se la CsA è considerata un agente inimunosoppressore, il rischio di infezione o di neoplasie non sembra frequente, per lo meno in base ai dati finora disponibili (4) . Neoplasie cutanee maligne sono state descritte solo in soggetti che erano stati precedentemente sottoposti a vari cicli di fototerapia o PUVA-terapia.  Pertanto, in pazienti trattati con queste modalità terapeutiche si sconsiglia l’uso, contemporaneo o in tempi diversi, della CsA.  La frequenza di neoplasie nei soggetti trapiantati che fanno uso di CsA non è superiore a quella osservata per altri trattamenti.  Il rischio di neoplasia nei trapiantati potrebbe tra l’altro essere condizionato dagli alti dosaggi del farmaco e dall’associazione con altri agenti immunosoppressivi.

La tossicità della CsA è spesso legata all’uso contemporaneo di altri presidi terapeutici che possono ridurne il metabolismo e aumentarne di conseguenza i livelli plasmatici.  Di contro, altre sostanze, capaci di esaltare il metabolismo epatico della CsA, ne abbassano le concentrazioni attive e possono quindi ridurne l’efficacia (4).

La nuova formulazione (Sandimmun Neoral® ) è una microemulsione che rende più costante e regolare l’assorbimento della CsA e maggiore la biodisponibilità.  In tal modo vengono mantenute elevate per più tempo concentrazioni farmacologicamente attive del farmaco, consentendo un’azione più rapida ed efficace, ma allo stesso tempo può aumentare il rischio di tossicità.  Per questo motivo, nei pazienti psoriasici che passano dalla vecchia alla nuova formulazione è consigliabile una riduzione della dose o un più frequente monitoraggio degli esami di laboratorio nelle prime settimane del nuovo trattamento.  La determinazione della ciclosporinemia non è considerata attualmente utile né necessaria, anche grazie al miglior profilo farmacocinetico raggiunto con la nuova formulazione, e può essere riservata tutt’al più a pochi casi selezionati (per esempio, in caso di sospette interazioni con altri farmaci).  Il trattamento con CsA è di solito ben tollerato e accettato dai pazienti.  Il farmaco non è mielotossico né teratogeno, anche se sconsigliato in gravidanza.

Methotrexate

Il methotrexate (MTX) è un farmaco indicato nel trattamento della psoriasi generalizzata e pustolosa, nell’eritrodermia psoriasica e nell’artrite psoriasica. E’ mielotossico ed epatotossico, soprattutto a dosi elevate.  Viene utilizzato di solito per via orale, ma può essere somministrato a che per via intramuscolare o endovenosa, a intervalli settimanali per ridurne la tossicità.  In adulto di circa 70 kg di peso corporeo, dopo una dose test di 2,5-5 mg, si può gradatamente incrementare il dosaggio di 2,5-5 mg a settimana, regolandosi in base alla risposta clinica e al tollerabilità.  La maggior parte dei pazienti adulti risponde a un dosaggio compreso tra 7,5 e mg/settimana (7).

Gli esami previsti nel monitoraggio del trattamento devono essere eseguiti a intervalli variabili comunque non superiori ai 2-4 mesi.  La biopsia epatica viene solitamente effettuata dopo aver superato una dose cumulativa pari a 1,5 g. Preliminarmente, si può eseguire il dosaggio nel siero del peptide aminoterminale del procollagene di tipo III (PIIINP), che sembra essere un indice piuttosto affidabile di danno epatico (8).  La tossicità del MTX può essere potenziata da alcuni farmaci che ne riducono l’eliminazione renale o abbassano i livelli di folati; a livello epatico essa può essere esaltata dall’abuso di alcol (7). I soggetti anziani sono maggiormente a rischio di accumulo a causa della ridotta funzionalità renale.

La comparsa di nausea e di anemia megaloblastica può essere controllata con acido folico (1 mg/die).  La somministrazione e.v. di acido folinico si rende invece necessaria in caso di iperdosaggio (1).  Una buona idratazione è essenziale per facilitare l’eliminazione renale del MTX, mentre l’alcalinizzazione delle urine con sodio bicarbonato può prevenirne la precipitazione nei tubuli renali.  MTX è teratogeno, può favorire l’aborto e deprimere la spermatogenesi (1).

Etretinato

L’etretinato (E) è indicato nella psoriasi in placche generalizzata, nella psoriasi pustolosa e in quel eritrodermica.  La psoriasi volgare può essere trattata, ma sembra rispondere meno e necessita di una terapia combinata con altri presidi (corticosteroidi, ditranolo, catrame, fototerapia o PUVA) (1).  Il dosaggio con cui si ottiene la migliore risposta terapeutica è compreso tra 0,75 e 1 mg/kg/die per os (9). In genere si preferisce cominciare con una dose di 0,5 mg/kg/die per controllare al meglio gli effetti collaterali, incrementandola in base alla risposta clinica. I livelli sierici di trigliceridi e di colesterolo possono aumentare nelle prime fasi del trattamento per limitare tale effetto si raccomanda la somministrazione del farmaco a dosi gradualmente crescenti l’assunzione di olio di pesce.  In caso di trattamento prolungato sono state descritte alterazioni radiografiche vertebrali, peraltro asintomatiche, per le quali è consigliabile un controllo radiografico dopo un anno di terapia.  Il trattamento intermittente con E può prevenire i rischi di danni osteoarticolari che ne limitano l’uso nei bambini.

Altri effetti collaterali sono quelli muco-cutanei, la cui intensità è dose-correlata.  Gran parte degli effetti sono in genere reversibili con la riduzione del dosaggio e non sempre richiedono la sospensione del farmaco.  L’E è teratogeno e si accumula nel tessuto adiposo da dove viene lentamente rilasciato in circolo fino a 2 anni dall’ultima somministrazione.  Pertanto, il suo impiego donne fertili deve sempre essere accompagnato da una contraccezione altrettanto prolungata dopo la sospensione (9).  In varie nazioni, ma non in Italia, l’E è stato sostituito dall’acitretina, un retinoide con effetti simili, ma con metabolismo più rapido.

ldrossiurea

Fin dal 1985 l’idrossiurea (1) è stata utilizzata per il trattamento della psoriasi, per la quale non rappresenta comunque un trattamento di prima scelta.  Può essere usata nella psoriasi pustolosa, nella psoriasi eritrodermica e in quella a placche generalizzata, ma solo in pazienti che non possono essere sottoposti ad altri trattamenti.  Il dosaggio per via orale è di 0,5-1,5 g al giorno in dose singola o frazionata.  La risposta clinica, variabile nei diversi studi riportati in letteratura ma nel complesso soddisfacente (10), sembra comunque piuttosto lenta (1).  Occasionalmente sono stati descritti episodi di rimbalzo alla sospensione (10).  L’I è dotata di effetti mielosoppressivi, che si osservano frequentemente solo dopo vari mesi di trattamento e sono reversibili. E’ escreta per via urinaria e particolare attenzione va posta nei soggetti con insufficienza renale. E’ teratogena e di basso costo (10).

Azatioprina

L’azatioprina (A) è un citostatico non molto tossico, non teratogeno, che di solito viene utilizzato come farmaco “risparmiatore” di steroidi. il “range” posologico comunemente utilizzato è compreso tra 50 e 300 mg/die.  Non esistono studi controllati sull’efficacia della A nella psoriasi e quelli finora condotti riguardano casi isolati o piccole popolazioni di studio, trattati con schemi differenti per dosaggio e durata. I risultati ottenuti sembrerebbero soddisfacenti nella maggior parte dei casi; frequentemente si osserva recidiva dopo l’interruzione della terapia (10).  Gli effetti collaterali sono di solito reversibili sospendendo il trattamento.  Tuttavia, le neoplasie, soprattutto quelle linforeticolari, sono un rischio possibile in soggetti trattati a dosaggi elevati e per lunghi periodi di tempo (10).

Corticosteroidi

Non sono un trattamento di prima scelta della psoriasi, dal momento che agli effetti collaterali noti si aggiunge il rischio di trasformare una forma lieve di psoriasi in una più grave (generalizzata, eritrodermica o pustolosa).

L’uso di steroidi per via sistemica va considerato soltanto nei casi non controllabili con altre modalità o con compromissione poliarticolare irreversibile, oppure qualora vi siano controindicazioni all’uso dei farmaci prima citati (10).

Altri trattamenti

Alcune osservazioni preliminari e per lo più isolate suggeriscono il possibile ruolo di vari agenti sistemici nel trattamento della psoriasi, ma sono necessari ulteriori studi per stabilirne il preciso valore terapeutico.  Tra questi ricordiamo la 6-tioguanosina, la sulfasalazina e alcuni derivati dell’acido fumarico per via orale, la zidovudina per os in soggetti psoriasici HIV+ e la somatostatina per via endovenosa.  Un farmaco immunosoppressore, FK 506 (tacrolimus), si è dimostrato efficace per via sistemica e, a differenza della CsA, viene assorbito anche per via topica.  Modalità mirate al blocco dei linfociti T helper, come quelle con anticorpi monoclonali anti-CD4 o con coniugati tossina difterica/interleuchina-2, per quanto suggestive e apparentemente promettenti, non hanno ancora un ruolo clinico-terapeutico definito.

Bibliografia

  1. Camp RDR. Psoriasis.  In: Champion RH, Burton JL, Burns DA, Breathnach SM, cds.  Textbook of Dermatology. 6th ed.  Oxford: Blackwell Science Ltd, 1998:1589-1649.
  2. British Photodermatology Group. British Photodermatology Group Guidelines for PUVA.  BMJ 1994;130: 246-255.
  3. Hönigsmann H, Calzavara-Pinton P, Ortel B. Fototerapia e fotochemioterapia. In: Dubertret L, ed.  Psoriasi. Brescia:ISED, 1993:135-150.
  4. Berth Jones J. Current management of psoriasis. Cyclosporin. J Dermatol Treat 1997;8:46-49.
  5. Finzi AF. Individualized short-course cyclosporin therapy in psoriasis.  Br J Dermatol 1996;135 (Suppl 48): 31-34.
  6. Zachariae H, Kragballe K, Hansen HE, Marcussen N, Olsen S. Renal biopsy findings in long-term cyclosporin treatment of psoriasis. Br J Dermatol 1997; 136:531-535.
  7. Roenigk HH Jr, Auerbach R, Maibach H, Weinstein G, Lebwohl M. Methotrexate in psoriasis: consensus conference. J Am Acad Dermatol 1998;38:478-485.
  8. Boffa MJ, Smith A, Chalmers RJ, et al. Scrum type III procollagen aminopeptide for assessing liver damage in methotrexate-treated psoriatic patients.  BrJ Dermatol 1996;135:538-544.
  9. Gollnick HP, Oral retinoids: efficacy and toxicity in psoriasis. Br J Dermatol 1996; 1 35 (Suppl 49):6-17.
  10. Berth Jones J. Current management of psoriasis. Other systemic agents. J Dermatol Treat 1997;8:49-52.